Skip to main content
Nutrizione e benessere

Sindrome dell’intestino irritabile (IBS): il percorso dietetico

By Luglio 31, 2022Ottobre 22nd, 2022No Comments

COS’È LA SINDROME DELL’INTESTINO IRRITABILE ?

L’IBS è un disturbo funzionale (ovvero non spiegabile da alterazioni organiche o biochimiche) del tratto gastrointestinale, definito secondo i criteri ROMA IV come un dolore addominale di almeno 3 giorni al mese nell’arco degli ultimi tre mesi, associato a variazioni dell’alvo*.
Il sintomo principale quindi è il dolore addominale: ricorrente, diffuso, sordo, in genere di breve durata, variabile con l’evacuazione, in genere associato a gonfiore, distensione addominale e meteorismo che migliora con l’evacuazione e peggiora dopo i pasti; possono essere presenti urgenza evacuativa, tenesmo, presenza di muco nelle feci, talvolta vomito.
Sono rilevabili in taluni casi anche segni e sintomi extraintestinali : alito pesante, lingua con patina bianca, pallore, occhi cerchiati, dolore/bruciore gastrico, eczemi, esacerbazioni di psoriasi, infiammazioni cutanee, orticaria e rush e acutizzazioni di allergie, infezioni ricorrenti (soprattutto uro-genitali), dolore articolare; particolarmente presenti, i sintomi psico-cognitivi: irritabilità, alterazioni dell’umore, stanchezza e fatigue, difficoltà di concentrazione e di memoria.

*È importante specificare che stipsi e diarrea non si definiscono sulla base della FREQUENZA di evacuazione (ogni soggetto anche in condizioni di alvo regolare ha frequenze di evacuazioni fisiologiche diverse), ma sulla CONSISTENZA e il TIPO delle feci, in relazione alla scala di Bristol.
Le variazioni dell’alvo possono essere le seguenti:
– diarrea (tipo 6-7 scala di Bristol)
– stipsi (tipo 1-3 scala di Bristol)

TIPI DI IBS
Si distinguono quindi sulla base dell’alvo, 3 tipi di IBS:
1)IBS-D, in cui prevale la diarrea
2)IBS-S, in cui prevale la stipsi
3)IBS-M, in cui sono presenti sia diarrea che stipsi, e spesso sono correlate tra loro come descritto in quelle che sono le condizioni di IBS-M:
– “overflow diarrea” : una forma particolare di diarrea legata a stipsi, in cui l’ intestino costipato spinge e si contrae ma si riesce ad espellere perlopiù muco e poche feci più volte durante la giornata sentendosi comunque costipati
– “flare-up diarrea” : una forma particolare di diarrea in cui si ha stipsi con dolori per diversi giorni seguita da enormi quantità di rilascio di materiale fecale di tipo diarroico fino a totale svuotamento
– “diarrea da disbiosi o da SIBO”, possibilmente anche legata a (antecedente o no) stipsi : movimento e gonfiore ogni volta che si mangia e che dura 2-3 ore, spesso con difficoltà digestive, diarrea immediata e con cibi indigesti

LA DIAGNOSI DI SINDROME DELL’ INTESTINO IRRITABILE

È primario specificare chiaramente che non esistono test strumentali per la diagnosi di IBS. Poiché la sindrome dell’intestino irritabile IBS ha una serie di sintomi aspecifici che possono essere comuni a tantissime altre condizioni, la diagnosi -di competenza medica, possibilmente specialistica (gastroenterologə) e che giova del contributo di unə Dietista per l’anamnesi alimentare –  di IBS è di natura clinica e anamnestica:
1) basata sull’esame obiettivo (palpazione dell’addome, definendo le zone in cui si prova gonfiore/dolore) e sull’osservazione dei sintomi rispetto ai criteri ROMA IV e sull’osservazione e discriminazione del gonfiore addominale (che può anche essere fisiologico, e non necessariamente un problema!…) e richiede :
2) diagnosi differenziale di altre condizioni non funzionali, ma patologiche (es IBD – morbo di crohn o rettocolite ulcerosa-, SIBO, celiachia, intolleranza al glutine, intolleranza al lattosio, intolleranza al nichel, deficienza di sucrasi-isomaltasi, parassitosi e infezioni intestinali, diverticolosi, ipotiroidismo , tumori del tratto gastrointestinale, disturbi neurologici) sulla base di valutazione di diversi parametri e segni (anemia, perdita peso, sangue nelle feci, presenza di masse addominali riscontrata all’ esame obiettivo, funzione tiroidea, indici infiammatori come PCR, aumento di globuli bianchi,  calprotectina fecale, etc).
3) anche a fronte della frequente associazione con condizioni patologiche digestive (GERD, dispepsia, nausea, vomito, calcolosi delle vie biliali) ed extra digestive (dispnea, cardiopalmo, infezioni genito-urinarie, cefalea, fibromialgia, PCOS, endometriosi, sindrome stanchezza cronica) è importante anche cercare di indagare eventuali cause primarie risolvibili di IBS, per andare a curare la radice del problema.

In questo scopo, si rivela estremamente utile la compilazione di un diario alimentare e dei sintomi che in fase diagnostica aiuti a comprendere meglio eventuali correlazioni tra sintomi e possibili cause: per le persone di sesso femminile, è particolarmente utile osservare l’andamento dei sintomi in relazione alle fasi del ciclo mestruale per comprendere se sono correlati anche alle variazioni ormonali (le prostaglandine prodotte dall’utero durante la fase mestruale possono raggiungere il colon e favorire diarrea;  gli estrogeni anche -che raggiungono il picco con l’ovulazione – aumentano i movimenti intestinali; il progesterone invece nella fase pre-mestruale rallenta il movimento intestinale e può favorire la tendenza alla stipsi).

PATOGENESI DELLA SINDROME DELL’ INTESTINO IRRITABILE: DA COSA È CAUSATA?

Sono numerose le possibili cause di IBS, spesso correlate o coesistenti tra loro: cattive abitudini alimentari (non solo in senso di iperalimentazione o alimentazione “western”, ma anche in senso di malnutrizione o in generale alimentazione squilibrata come può essere in caso di disturbi alimentari, che hanno un’alta prevalenza di IBS), alterata secrezione di enzimi digestivi, ipersensibilità viscerale, alterazioni motorie legate a farmaci o a condizioni neurologiche , infezioni gastrointestinali, infiammazione della mucosa intestinale, disbiosi intestinale (squilibrio della flora batterica intestinale con prevalenza di batteri patogeni) e fattori psicosociali.
Il meccanismo che starebbe alla base dei sintomi di dolore addominale è l’infiammazione di basso grado che porta a attivare i nocicettori (recettori del dolore), dove l’infiammazione può essere causata da svariate cose:
– se c’è stipsi, c’è ristagno di materiale fecale che può andare incontro a reazioni putrefattive con cui si liberano sostanze tossiche infiammatorie e gas, quindi oltre a dolore, gonfiore e meteorismo;
– se c’è diarrea, c’è eccessivo richiamo di acqua e distensione (dilatazione) della cavità luminale intestinale e ciò media dolore, oltre che gonfiore;
– se nel tratto GI c’è presenza di alimenti indigeriti o aria eccessiva a causa di cattive abitudini alimentari o di disturbi della secrezione acida o biliare (es calcolosi della colecisti), c’è una fermentazione non fisiologica degli stessi e una distensione (dilatazione) della cavità luminale intestinale e ciò media dolore, oltre che gonfiore e talvolta meteorismo ed eruttazione;
– se c’è una infezione questa causa attivazione immunitaria infiammatoria;
– se c’è disbiosi questa causa alterata permeabilità della mucosa e infiammazione
– allergie e intolleranze alimentari mediano attivazioni immunitarie infiammatorie che causano dolore, oltre che talvolta diarrea;

È rilevante parlare dell’impatto dell’asse intestino-cervello, ovvero la connessione e l’influenza bidirezionale tra intestino e cervello che usa come messaggeri ormoni e neuroni attraverso il nervo vago: l’ IBS infatti si associa frequentemente a depressione, ansia, disturbi dell’umore, DCA e colpisce prevalentemente il sesso femminile (è nota correlazione con estrogeni). Lo stress -in particolare quello cronico (e non quello di uno “spauracchio” occasionale da combatti-o-fuggi, come era in passato per i nostri predecessori) a cui molte persone nel mondo occidentale sono oggi esposte – provoca un’attivazione ripetuta e spropositata del sistema simpatico combatti-e-fuggi : l’organismo rilascia una quantità notevole di cortisolo.

Il cortisolo è l’ormone del combatti-e-fuggi, ovvero quel segnale che dice al corpo “togli tutte le energie, il sangue e le attività da dove non servono ora (es digestione, assorbimento, peristalsi intestinale, riproduzione, ragionamento) e mettile negli organi che potrebbero servirti per combattere o fuggire (es muscoli che quindi si contraggono, anche dove non lo percepiamo!…mentre i muscoli dell’intestino che dovrebbero far “scorrere” si fermano): anche se non c’è nulla da combattere o di cui fuggire (ma si tratta  semplicemente dello stress di gestire il lavoro, i colleghi di lavoro, le scadenze, i figli, le relazioni, la propria vita…) il corpo risponde come se dovesse farlo, il sistema digerente si “inattiva”, o meglio, si scoordina (se è inibito a livello nervoso e ormonale, come possiamo pensare di digerire e assorbire bene nutrienti ed eliminare correttamente le scorie?).

Lo stress è dimostratamente direttamente correlato a squilibri del microbiota e causa aumento della tensione a livello addominale della muscolatura liscia e può causare variabilmente sia diarrea che stipsi.
L’ IBS è quindi definito anche come un disturbo della comunicazione tra intestino e cervello.

TERAPIA DELLA SINDROME DELL’INTESTINO IRRITABILE

L’IBS è una condizione cronica di ipersensibilità dell’intestino e della relazione intestino-cervello che non può essere curata ed “eliminata” definitivamente, ma può essere GESTITA per quanto riguarda i sintomi: se si comprendono i “trigger” personali che scatenano i sintomi di IBS, è possibile gestirli e in questo modo gestire efficacemente la patologia (che però -sotto sotto – resta, e i sintomi potrebbero riacutizzarsi nel momento in cui non vengono gestiti quei o nuovi “trigger”).

• quindi, se sono stati identificati fattori clinici possibilmente responsabili di IBS (es intolleranze alimentari, SIBO, SIFO, celiachia, calcolosi colecisti, infezioni intestinali etc) è necessario andare a trattarli specificatamente e osservare l’andamento dell’IBS

1) partire dal ripristino graduale* di buone abitudini di stile di vita e alimentari applicando le linee guida per una dieta mediterranea in modo personalizzato e mirato sulle esigenze delə paziente e sui sintomi (esempio, se IBS-C, aumentare introiti idrici, movimento e gradualmente fibre….se IBS-D, ridurre apporti di fibre, evitare alcool, nicotina e caffeina….) .*Nel passaggio a una dieta mediterranea, bisogna tener conto che -se la persona e il suo microbiota non è abituato al consumo di e quindi alla digestione delle fibre- potranno esserci problemi gastrointestinalli come distensione addominale e gonfiore se si incrementano spropositatamente le fibre: bisogna quindi adottare indicazioni dietetiche accurate per indurre progressivamente la tolleranza aumentando gradualmente e gestendo le fibre in maniera migliore.
Nel contesto di una alimentazione di stampo mediterraneo, trovano particolare impiego e vantaggio i cibi fermentati (es kefir, kimchi, tempeh, natto, miso, crauti…) in quanto ricchi di prodotti di fermentazione con effetto bioattivo antinfiammatorio, immunomodulante e selettivo di batteri “buoni” nell’intestino.

Può essere utile anche dedicare attenzioni al modo del mangiare, al movimento e allo stress-management per andare ad agire sui fattori psicocomportamentali che possono determinare i sintomi di IBS.
Molti soggetti con IBS infatti hanno -al di là di una qualità alimentare sbilanciata – un’attitudine alimentare disfunzionale che può sostenere i sintomi: mangiare troppo velocemente, distrattamente, in condizioni di tensione ostacola la coordinazione tra cervello e intestino rendendo difficili i processi digestivi e portando ad avere quindi a cibo non digerito nell’intestino (che si comporta come FODMAP!), ma anche semplicemente porta a ingoiare una maggiore quantità di aria (che causa gonfiore di stomaco e intestino, eruttazione e meteorismo) e ad avere tensione della muscolatura liscia intestinale che causa dolore e alterazioni dell’alvo.
La maggior parte delle persone con IBS-S trovano infatti beneficio sia da attenzioni rivolte al modo di mangiare (Mindful Eating) che dalla gestione di stress e tensione con attività come la Mindfulness, la meditazione e gli esercizi di respirazione diaframmatica, lo yoga, l’attività fisica moderata, la CBT-E…
È fondamentale sottolineare che è necessario agire su TUTTI i fattori problematici potenzialmente causa dei sintomi: se si aggiustano le abitudini e la qualità alimentare, ma non si lavora sul modo di mangiare e/o sui fattori psicoemotivi (se sono problematici) e sulla gestione dello stress, è assai possibile che non cambi nulla!

Può essere utile in questa fase anche valutare alcune integrazioni nutrizionali, ad esempio, se sono presenti carenze e squilibri che potrebbero concorrere a mantenere uno stato infiammatorio/malnutritivo (es vitamine, minerali, proteine, sostanze antinfiammatorie e immunomodulanti); oppure, integratori che aiutino la regolarità intestinale in caso di stipsi targettizzando i sintomi;o ancora, in caso di diarrea si possono utilizzare integratori adsorbenti e/o chelanti che assorbono sostanze tossiche e nocive (es endotossine ed enterotossine) presenti a causa di infezioni intestinali o disbiosi, riducendo la frequenza dei movimenti intestinali in casi di IBS-D.

Inoltre, essendo spesso l’IBS correlata a uno squilibrio della flora batterica intestinale definito “disbiosi” che porta ad alterata fermentazione e produzione di sostanze infiammatorie che causano gonfiore e dolore, integratori a base di probiotici si sono rilevati particolarmente utili nel trattamento dell’IBS: è tuttavia necessario adottare alcuni accorgimenti circa la scelta dei ceppi probiotici, del contenuto di probiotici per dose, della modalità di conservazione e assunzione e nel monitoraggio dei sintomi.

È quindi bene che ogni integrazione non sia lasciata al fai-da-te ma sia gestita dalle figure specialistiche di riferimento in modo coordinato e consapevole all’interno del percorso terapeutico.

Se con questo approccio integrato dopo circa 1 mese da che le abitudini generali risultano migliorate, migliorano i sintomi, si cerca di mantenere le abitudini acquisite.

LA DIETA LOW-FODMAP

Se invece persistono sintomi, si può tentare l’approccio low-FODMAP.
È bene sottolineare subito che la dieta low-FODMAP:
non è la dieta definitiva che una persona con IBS deve seguire, perché è un regime alimentare altamente restrittivo con cui è molto facile andare incontro a carenze macro e micronutritive, e perché è un protocollo utile alla identificazione dei fattori alimentari che amplificano i sintomi dell’ IBS e alla soglia di tolleranza degli stessi. Richiede il supporto di un* professionista della nutrizione preparato che sappia indicare gli alimenti da eliminare, sappia suggerire un menù bilanciato durante la fase di eliminazione e sappia guidarvi durante la fase di reintroduzione.
i FODMAP non sono la CAUSA di IBS, che è causata invece da altri fattori (come detto sopra): la dieta low-fodmap contribuisce alla riduzione dei sintomi di IBS e quindi dell’infiammazione che concorre alla patologia, ma non necessariamente “risolve” la sensibilità di soggetti con IBS.
Gli alimenti contenenti FODMAP infatti non sono cibi “inutili” o “nocivi”, ma sono generalmente cibi di cui abbiamo bisogno per una buona varietà alimentare, ovvero perlopiù cibi ricchi di FIBRE e CARBOIDRATI.
FODMAP è infatti acronimo di Fermentable Oligosaccarides Disaccarides Monosaccarides and Polyoils.

I FODMAP sono costituenti alimentari che -per la loro struttura- non vengono digeriti dal nostro organismo (perché sono già “unità” come il fruttosio, il monosaccaride…o perché non abbiamo gli enzimi per digerire, scindere i legami tra unità, come nel caso di polioli, lattosio, galattani e fruttani), quindi richiamano maggiormente acqua e/o vanno maggiormente incontro a processi (normalmente fisiologici*) di fermentazione da parte della flora batterica intestinale: questo aumento della pressione osmotica luminale causa stimolazione dei meccanocettori e
dei chemocettori, con conseguente percezione di gonfiore e dolore; il richiamo di acqua inoltre può causare diarrea; la produzione di gas è responsabile del meteorismo. *Se nei soggetti senza IBS gli alimenti anche ad alto contenuto di FODMAP infatti sono generalmente ben tollerati nelle normali quantità di consumo e servono a mantenere la regolarità intestinale, “nutrire” il microbiota che si ciba proprio di FODMAP e apportare micronutrienti… nei soggetti con IBS questi alimenti “triggerano” i sintomi di IBS e ne amplificano i processi infiammatori, e per questo la loro eliminazione contribuisce ad attenuare i sintomi di IBS.

La dieta LOW-FODMAP si compone quindi di 3 fasi:
1) eliminazione
2) reintroduzione graduale con challenge-test
3) mantenimento

  1. FASE DI ELIMINAZIONE

Si rimuovono tutti gli alimenti “ad alto contenuto di FODMAP”.
È utile ricordare che in questa fase molte fibre e anche alcuni eventuali integratori di fibre e prebiotici possibilmente utilizzati in fase 1 andranno eliminati, perché rientrano a far parte dei FODMAP.
La fase di eliminazione dura 2-8 settimane variabilmente in base a quando i sintomi sono esauriti. Eliminando gli alimenti high-FODMAP, il professionista della nutrizione deve indicare alternative adeguate di modo da mantenere l’alimentazione adeguatamente nutriente e cercare di gestire eventuali altre condizioni presenti (es diarrea/stipsi).
Se dopo 2-8 settimane non si osserva miglioramento dei sintomi, è necessario ritornare a una dieta normale e ricercare altre cause e terapie.

2. FASE DI REINTRODUZIONE CON CHALLENGE TEST

Se e solo quando stipsi e/o gonfiore e/o diarrea e/o dolore sono risolti si avvia alla fase di reintroduzione graduale, introducendo un alimento per volta di una specifica “categoria FODMAP” nel seguente modo: un nuovo alimento per tipo di FODMAP a settimana (es cipolla per fruttani), incrementando gradualmente la quantità (esempio da ¼ di cipolla, poi ½ fino a tentare di consumare quelle che sono le normali -personalmente – quantità di assunzione tipo di quell’alimento), e tenendo un diario alimentare per registrare i sintomi.
Questa fase dura quindi minimo 5 settimane, 1 per “categoria FODMAP”.
Nel caso invece in cui si manifestino i sintomi testando un certo alimento FODMAP , si sospendono le reintroduzioni per le due settimane successive (wash-out) per poi iniziare con un altro gruppo di FODMAP, diverso dalla categoria che ha dato il ritorno sintomatologico. Dopo qualche settimana sarà possibile testare di nuovo l’alimento FODMAP che ha dato problemi partendo però da una porzione dimezzata per osservare se è tollerato in porzioni e frequenze ridotti. Se anche così dà problemi, è possibile testare un altro alimento che contiene il medesimo FODMAP oppure. testare di nuovo dopo un periodo di dieta di eliminazione.
Non c’è generalmente una regola di gruppo FODMAP da testare per prima, ma si sceglie insieme al paziente in base a preferenze ed esigenze nutrizionali, o partendo dal gruppo FODMAP meno probabilmente problematico.
L’obiettivo è capire a quale specifica categoria di FODMAP si è “intolleranti” e se c’è un certo livello c’è tolleranza (quale quantità o in che frequenza) e quali FODMAP invece sono tollerati di modo da rendere l’alimentazione il più possibile varia e flessibile: non tutte le persone con IBS infatti sono sensibili agli stessi “gruppi” di FODMAP, e le persone con IBS hanno diverse soglie di tolleranza.

3. FASE DI MANTENIMENTO

Se a questo punto risultano risolti o ben contenuti i sintomi di IBS attraverso l’eliminazione e la successiva reintroduzione secondo tolleranza dei gruppi FODAMP, si avvia allafase di mantenimento in cui la persona continua a consumare la quantità tollerata di alimenti contenenti FODMAP (continuando eventualmente a testare altri cibi) e continua a limitare/evitare invece i cibi FODMAP identificati come correlati ai sintomi. La persona dovrebbe essere a questo punto anche educata a conoscere gli altri fattori non alimentari che concorrono alla sintomatologia (es stress, cattivo riposo, tensioni psicoemotive, scarsa cura del modo di mangiare, sedentarietà) e aver trovato soluzioni consapevoli con cui potervi fare fronte.

GLI INTEGRATORI DI ENZIMI FUNZIONANO PER SINDROME DELL’INTESTINO IRRITABILE?

Se il problema legato ai FODMAP è essenzialmente legato alla loro natura di sostanze indigerite (e quindi richiamanti acqua e fermentate, scatenando sintomi), si è ipotizzato l’impiego di enzimi digestivi assunti per via orale che digeriscano al posto dell’individuo le sostanze che non digerisce altrimenti.
Un enzima digestivo è una proteina complessa prodotta dal tuo corpo per aiutare a scomporre il cibo in molecole più piccole in modo che possano essere assorbite nel tuo corpo.
Sarebbe meraviglioso funzionassero, se non che gli enzimi sono proteine, e in quanto proteine sono soggette a denaturazione e digestione nei processi digestivi a cui vanno incontro assumendoli per bocca, e questo li rende non più funzionali.
La maggior parte degli integratori a base di enzimi digestivi o non è testata per dimostrare che resistono alla digestione in stomaco e intestino, o non è testata in termini di efficacia digestiva.
Esistono due tipi di integratori enzimatici la cui efficacia è confermata dalla ricerca. Uno è rappresentato dagli integratori di lattasi per soggetti intolleranti al lattosio.
L’altro integratore è un enzima chiamato alfa-galattosidasi, comunemente commercializzato come Beano. Questo enzima aiuta a ridurre il gas e il gonfiore causati dal consumo di fagioli e verdure crocifere (come broccoli e cavoli). Lo fa abbattendo alcuni degli oligosaccaridi presenti in questi alimenti. Quindi, se hai l’IBS e hai gas dopo aver mangiato fagioli e alcune verdure, questo specifico enzima digestivo può essere d’aiuto.

Promettenti invece gli integratori di enzimi da “mischiare” direttamente al cibo, che lo digeriscono quindi prima che venga ingerito, evitando che vengano inattivati: anche qui il limite però riguarda la dimostrazione di efficacia del singolo integratore, la difficoltà pratica dell’aggiungere e mischiare polvere ad alimenti fodmap per farli aderire omogeneamente all’alimento fodmap (facile finché si tratta di latte, yogurt, latticini e alimenti liquidi/cremosi…meno facile se si tratta di alimenti solidi come frutta e verdura), la palatabilità…
Ad oggi quindi non esistono evidenze di efficacia generale sugli enzimi digestivi per il trattamento di IBS e il loro impiego andrebbe quantomeno indicato da professionisti con cognizione di causa ove siano presenti prodotti con alle spalle studi clinici di efficacia svolti su un numero consistente di persone, in doppio cieco e con placebo.

Close Menu

Diana Severgnini

T: +39 347 325 8691
dietista.dianasevergnini@gmail.com