Cosa si intende con “dieta”? Il senso letterale da dizionario vorrebbe essere quello semplicemente di “alimentazione”, “abitudine/stile alimentare”. Di fatto, oggi con “dieta” -nel gergo comune (contaminato dalla cultura della dieta)- si intendono due cose: restrizione dietetica cognitiva o restrizione dietetica calorica…
A seguire, definiamo entrambe le espressioni della dieta e i relativi effetti collaterali, basati su quanto emerso dal Minnesota Starvation Study (che studia gli effetti di una restrizione calorica di circa 1/2 dei fabbisogni -1600 kcal medie – per perdere il 19-28% del peso in 6 mesi in uomini in salute con eccellenti facoltà fisiche e attitudini mentali), dalla Weight Loss and Control Conference del National Institute of Health (NIH) del 1992 ….e dalla pratica clinica.
Restrizione dietetica cognitiva= tentativo di controllare/limitare le calorie introdotte preoccupandosi di controllare le porzioni, evitare alcuni cibi, rispettare alcune regole/schemi alimentari…a prescindere dal fatto che si realizzi o meno effettivamente un deficit calorico e un dimagrimento o stabilizzazione del peso. Può avere i seguenti effetti collaterali (dove la risposta alla restrizione dietetica cognitiva varia considerevolmente da individuo a individuo, in base al contesto, al modo in cui è guidata la dieta e alla persona):
– aumento del cortisolo (ormone dello stress) e ridotta tolleranza allo stress (fisico e psichico), in quanto la restrizione alimentare è un evento di stress per l’organismo che lo induce a stimoli biologici adattativi (per cui è difficile resistere alla restrizione dietetica e spesso questa non si realizza, ma ha comunque effetti collaterali)
→ ipoandrogenismo→ capelli, unghie e pelle fragili, riduzione difese immunitare, riduzione dello sviluppo della massa muscolare, calo della libido, disturbi riproduttivi/mestruali (es amenorrea ipotalamica), dolore durante rapporti
→ debolezza, stanchezza, affaticamento, ridotta spinta e risposta all’allenamento, irritabilità, cefalea, disturbi del sonno (difficoltà ad addormentarsi e mantenere il sonno)
→ diminuita capacità di concentrazione e azione, del coordinamento, del pensiero astratto, della vigilanza, della comprensione e del giudizio critico. Pensiero rigido e inflessibile, indecisione, apatia. Bisogno intensificato di routine e prevedibilità, scarsa capacità di adattamento
→ tendenza a introspezione e isolamento sociale, peggioramento delle relazioni interpersonali, ansia e depressione, sbalzi d’umore, cambiamenti di personalità confermati da test psicologici, episodi psicotici
– il corpo risponde al tentativo di restrizione percepito come stress andando in modalità “risparmio energetico”
→ alterazioni ormonali (leptina, grelina, peptide YY, ormoni tiroidei) con effetto la riduzione del metabolismo basale
→ riduzione di frequenza cardiaca e respiratoria, bradicardia, ipotermia, diminuita tolleranza al freddo, stanchezza, spossatezza, aumento del set point del peso
→ ridotta tendenza a fare movimento a causa di stress e restrizione → aumento del set point del peso
→ aumentano i segnali di fame e appetito per “spingere al consumo di cibo” (solo il pensiero di “iniziare la dieta” porta al “fare scorte” di tutto ciò di cui ci si priverà dopo, in una sorta di “ultima -grande- cena” che spesso diventa una abbuffata)
→ onicofagia, aumento del consumo di cicche, thé, caffè, tabacco, acqua, verdure come conseguenza dell’evitamento del consumo di cibo calorico e dell’aumento dello stress (si usano cicche, bevande, fumo per “sostituire” il cibo o il gesto/momento del mangiare o come “energizzanti” sostituti al cibo)→ peggiorano i disturbi sonno
→ridotta capacità di ascolto dei segnali interni di autoregolazione →spostamento della percezione dei segnali di fame e sazietà a livelli più alti→ ridotta capacità di autoregolazione
→ aumenta la tendenza a “abbuffate” (introito elevato di cibo con sensazioni di discomfort e/o con senso di perdita di controllo)
→ aumenta senso di inefficacia, inadeguatezza, si riduce autostima e fiducia nei propri segnali interni autoregolazione. Dove il senso di “perdita di controllo” e “violazione delle regole” e le preoccupazioni e insoddisfazioni sono molto forti, in alcuni casi si sviluppa il ricorso a metodi compensativi (esercizio fisico, vomito, lassativi, diuretici)
– aumento sia in termini di frequenza che di intensità delle preoccupazioni verso il proprio peso, le forme corporee e l’alimentazione (aumento di rituali alimentari, del tempo, delle attenzioni dedicate al cibo, ossessività), nucleo psicopatologico (fattore di rischio principale) di disturbi alimentari → aumenta di 8 volte il rischio di disturbi alimentari!
– alimentazione disordinata (restrizione dei carboidrati spesso compensata con eccessivo consumo di verdure per saziarsi; episodi di restrizione-abbuffate) + stress → disturbi gastrointestinali (IBS, disbiosi, reflusso, problemi digestivi)
Restrizione dietetica calorica= restrizione dietetica cognitiva che si realizza in un deficit calorico. Oltre agli effetti della restrizione dietetica cognitiva, si aggiungono altri possibili effetti collaterali legati specificatamente al deficit calorico e alla perdita di peso (l’entità degli effetti collaterali dipende dall’entità e la rapidità del deficit calorico e della perdita di peso e da fattori soggettivi e di contesto):
– carenze di micronutrienti→anemia; leocupenia e piastrinopenia (riduzione difese immunitarie→ aumenta tendenza a ammalarsi), ridotta risposta all’allenamento, danni al gusto; aumento rischio osteopenia/osteoporosi, lesioni, fratture
– se si è in fase di sviluppo, rallentamento/interruzione della crescita
– disturbi gastrointestinali: precoce senso di pienezza, digestione più lenta e difficile, tendenza alla stipsi (maggiore a emorroidi) e a disbiosi (legata a riduzione dei carboidrati e aumento delle proteine tipico della dieta ipocalorica), IBS
– perdita di massa magra, oltre che grassa→edema (accumulo di liquidi extracellulari), debolezza, ridotta tolleranza allo sforzo, riduzione del metabolismo basale legato alla riduzione della “massa magra” che consuma energia
– riduzione del metabolismo basale a causa della riduzione del cibo introdotto e quindi digerito consumando energia (termogenesi alimentare), si riduce la dispersione di calore (riduzione della termogenesi: se non si dà legna, combustibile -cibo-, il fuoco -metabolismo- si spegne )+ ridotta spinta a fare movimento = riduzione del dispendio energetico . Una diminuzione del peso del 7-10% corrisponde a una riduzione della spesa energetica totale del 12-15% (Augus et al, 2000)→ prima o poi il peso si stabilizza (set point) perché il deficit calorico (se non aumentato) viene bilanciato dalla concomitante riduzione del dispendio energetico → il peso resta stabile, mangiando di fatto “meno” di prima, spesso molto poco (non salutare), e con maggiore fisiologica tendenza al recupero e all’aumento del peso
– significativo aumento del rischio di disturbi alimentari per “portare avanti” la perdita di peso raddoppiando gli sforzi di controllo e a causa di distorsioni cognitive e aumento delle preoccupazioni circa peso, forme corporee e alimentazione → peggioramento di fattori psicologici e comportamentali
– aumenta rischio di esacerbazione di patologie in soggetti predisposti (es colelitiasi, gotta, diabete e patologie renali)
– aumento rischio cardiovascolare associato al weight-cycling (Framingham Heart Study; Harvard Alumni Health Study)
– disturbi della visione (macchie nel campo visivo e difficoltà nella focalizzazione delle immagini)
– aumento degli enzimi epatici ALT AST (epatopatia da digiuno) e anomalie pancreatiche (aumento amilasi)
Questi cambiamenti sono reversibili?
Alla fine del Minnesota Starvation Study i partecipanti furono sottoposti a molti mesi di rialimentazione che li fecero tornare mediamente al loro peso originale accresciuto del 10%, ma poi gradualmente e lentamente nel tempo ritornarono ai livelli di peso che avevano prima dell’esperimento. La normalizzazione delle abitudini alimentari e dei sintomi avvenne nella maggior parte dei casi solo dopo circa cinque mesi di riabilitazione, ma in un sottogruppo il consumo di cibo in eccesso continuò: molto comune che soggetti che hanno subito carestie e restrizioni tendano poi a sviluppare un peso più alto dell’iniziale, e questo avviene anche a seguito delle diete → la revisione di 31 studi a lungo termine sulle diete conclude che il dieting è un predittore consistente di aumento di peso, e 2/3 delle persone recuperano più peso di quello perso (1); lo studio di circa 17.000 bambini tra 9-14 anni conclude che “a lungo termine, il dieting per il controllo del peso non solo è inefficace, ma sembra addirittura favorire l’aumento di peso (2); adolescenti “dieters” hanno il doppio delle probabilità di aumentare di peso in confronto a adolescenti “non-dieters” con lo stesso peso medio di partenza, secondo uno studio quinquennale (3);
uno studio su oltre 2000 gemelli tra i 16 e 25 anni mostra come il dieting, indipendentemente dalla genetica, è significativamente associato a un aumento di peso (4).
Tale risultato dimostra che il corpo non è semplicemente “riprogrammabile” a un peso più basso dopo un periodo di dimagramento e che la restrizione alimentare sperimentale dei volontari non riuscì a vincere la forte propensione dei loro corpi a ritornare al loro livello di peso naturale di partenza (set point del peso).
Ma allora come si spiega il 5% di persone che a lungo termine dopo una dieta mantengono quel peso ?
Forse l’intervento dietetico è andato a modificare alcuni comportamenti che PRIMA mantenevano la persona al di sopra del proprio set point naturale del peso, ma è possibile fare questo senza dieta!
È evidente che le “buone intenzioni” di combattere l’obesità promuovendo soluzioni esterne (diete, indicazioni alimentari, linee guida) e il dimagrimento da parte delle società che si occupano di salute stiano in realtà promuovendo weight stigma e insoddisfazione corporea e quindi indirettamente aumentando il rischio tanto di obesità quanto di disturbi alimentari, come evidenziato dall’ Academy of Eating Disorder (Guidelines for Childhood Obesity Prevention Programs 2011)
Riconosci qualcuno di questi sintomi/segni?
Se sì, potresti aver bisogno di rivedere il tuo approccio all’alimentazione e avvicinarti a una Alimentazione Intuitiva che ti liberi dagli effetti collaterali della dieta.
BIBLIOGRAFIA
(1) Mann T et al. Medicare’s search for effective obesity treatments: diets are not the answer. Am Psychol. 2007 Apr;62(3):220-33.
(2)Field AE et al. Relation between dieting and weight change among preadolescents and adolescents. Pediatrics. 2003 Oct;112(4):900-6.
(3) Neumark-Sztainer D et al. Obesity, disordered eating, and eating disorders in a longitudinal study of adolescents: how do dieters fare 5 years later? J Am Diet Assoc. 2006 Apr;106(4):559-68. doi: 10.1016/j.jada.2006.01.003. PMID: 16567152.
(4)Pietiläinen et al. Does dieting make you fat? A twin study. Int J Obes (Lond). 2012 Mar;36(3):456-64. doi: 10.1038/ijo.2011.160. Epub 2011 Aug 9.