La fibromialgia colpisce tra il 2 e l’8% della popolazione, in prevalenza le donne, con una sintomatologia variegata e poco specifica (caratterizzata da dolore cronico diffuso “irradiante” soprattutto su muscoli e articolazioni, spesso associato a fatica severa – che soddisfa spesso criteri per sindrome da affaticamento cronico CFS-, disturbi del sonno, alterazioni cognitive -menomazioni nella memoria e nel pensiero, “fibronebbia”-, disturbi gastrointestinali, depressione, emicrania e una costellazione di altri sintomi funzionali) tale per cui ancora oggi parte della comunità scientifica, non essendoci marker diagnostici, la considera una sindrome multifattoriale psicopatologica.
L’ ACR nel 2010 ha definito dei criteri diagnostici preliminari che richiedono in primis l’esclusione di diagnosi alternative o coesistenti per il dolore cronico, l’ipotiroidismo, miopatie infiammatorie, polimialgia reumatica, lupus, infezioni croniche, epatite C, disturbi del sonno.
CAUSE
ALTERAZIONI CENTRALI NEURO-CHIMICHE: studi recenti hanno evidenziato che i pazienti fibromialgici hanno una amplificazione delle sensazioni dolorifiche e una riduzione dei normali meccanismi fisiologici di inibizione del dolore (es disregolazione della trasmissione dopaminergica, aumentata sensibilità ai recettori NMDA, disfunzione di asse ipotalamo-ipofisi)
ANOMALIE BIOCHIMICHE-FUNZIONALI: numerosi studi hanno dimostrato che l’infiammazione sistemica di basso grado, una preponderanza dello stato ossidativo, un’insufficiente capacità antiossidante e una carenza di vitamine e minerali sarebbero alla base dello sviluppo della fibromialgia, riducendo la soglia del dolore e causando fatica e disturbi dell’umore. Queste alterazioni sarebbero sia su BASE GENETICA (geni coinvolti nelle vie della serotonina e catecolamina che alterano sensibilità al dolore) non modificabile, che su BASE AMBIENTALE (alimentazione, microbiota, stress) MODIFICABILE. La condizione di infiammazione sistemica di basso grado è assai comune nella società occidentale (legata a alimentazione inadeguata, sedentarietà, stress, inquinamento, interferenti endocrini) e -oltre alla fibromialgia- risulta correlata a tanti dei principali disturbi cronici contemporanei (insulino-resistenza/diabete, ipertensione e malattie cardiocircolatorie, intolleranze e problemi gastrointestinali, disturbi della sfera riproduttiva, neoplasia etc).
TERAPIA
Ad oggi non esiste una cura risolutiva né un approccio efficace definito per il trattamento e la gestione degli svariati sintomi della fibromialgia, tuttavia le recenti linee guida suggeriscono che l’approccio terapeutico ottimale sia multidisciplinare, con interventi di prima linea non farmacologici che puntano proprio a intervenire su quei fattori ambientali potenzialmente determinanti dei sintomi, avendo target principale l’infiammazione . Sono pertanto raccomandati una moderata attività fisica (eccessiva attività fisica può aumentare lo stress e l’infiammazione e peggiorare i sintomi), una dieta adeguata mediterranea “antinfiammatoria” , interventi di supporto psicologico e di stress-management e evidenze limitate con l’agopuntura. Soggetti con eccessi importanti di massa grassa soprattutto in sede addominale viscerale presentano solitamente una sintomatologia più severa poiché tale tessuto adiposo in eccesso è responsabile della produzione di citochine infiammatorie che amplificano la sintomatologia: può essere pertanto indicato un dimagrimento di qualità dopo attenta valutazione della composizione corporea.
Inoltre, poiché il 70% dei pazienti affetti da fibromialgia ha alterazioni del microbiota e/o IBS (sindrome dell’intestino irritabile), un target della dieta diventa quello di risolvere gli squilibri gastrointestinali: se una dieta equilibrata di stampo mediterraneo non acuisce i sintomi intestinali, può essere considerato un approccio di dieta low-Fodmap, che vada a eliminare e reintrodurre gradualmente su base dei sintomi e della tolleranza personale (fondamentale il supporto specialistico gastroenterologo/dietista) quegli alimenti (FODMAP) meno digeribili, fino a trovare il proprio equilibrio.
Interessante – visto il coinvolgimento del microbiota nella patologia – la possibilità di impiego di probiotici: tuttavia al momento non esistono specifici protocolli d’utilizzo o evidenze circa specifici ceppi/combinazioni di ceppi.
I soggetti con fibromialgia presentano spesso carenze di magnesio, selenio, vitamine del gruppo B, vitamina C e D. Una recente metanalisi ha mostrato poche prove a sostegno dell’ipotesi che le carenze di vitamine e minerali possano svolgere un ruolo significativo nello sviluppo della fibromialgia o che l’uso di integratori a tappeto possa essere efficace in questi pazienti: per questo si raccomanda una supplementazione qualora ci siano effettive o verosimili carenze di specifici micronutrienti.
Per quanto riguarda la vitamina D, questa dovrebbe essere presa in considerazione alla luce del fatto che circa il 40% dei soggetti con fibromialgia presenta carenza e che diversi studi hanno mostrato un’associazione tra deficit di vitamina D e dolore cronico, depressione e ansia in questi pazienti.
Le vitamine antiossidanti, come la C e la E, sono utili per preservare le funzioni cerebellari, la memoria, le risposte emotive e la funzione muscolare, ma attualmente non ci sono studi coerenti in letteratura.
Il magnesio è sempre stato considerato l’integratore non farmacologico con il più alto potenziale ma finora sono disponibili solo due studi clinici che segnalano sia che con l’integrazione vi è un significativo miglioramento del dolore sia che l’amitriptilina e l’integrazione di risultano più efficaci in tutti i risultati misurati rispetto alla sola amitriptilina.
BIBLIOGRAFIA
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