Il nostro grasso corporeo non è regolato da una semplice equazione “grasso=entrate-uscite”: è determinato da un complesso meccanismo di controllo omeostatico, una sorta di “termostato del grasso” , che mantiene l’adipe all’interno di un certo range quantitativo personalmente variabile (le linee tratteggiate orizzontali “lower-upper intervention point” nell’immagine) definito da fattori non modificabili fisiologici o patologici (genetica, età, storia del peso e dietetica, patologie) (img: “physiological control” in viola).
Fattori ambientali modificabili (alimentazione, movimento, farmaci, stress, patologie) possono stimolare l’aumento/diminuzione (frecce grigie) dell’adipe influendo su diverse variabili.
- se il “punto di partenza”(azzurro) è vicino ai limiti superiori/inferiori del range e gli stimoli portano ad “oltrepassare il range” in alto o in basso, il sistema risponde (freccia nera) per far restare il corpo nel suo range di adipe aumentando/riducendo il metabolismo basale, la termogenesi adattiva e aumentando/riducendo fame-appetito-sazietà: queste rappresentano le possibili risposte adattive a cambiamenti di peso/adipe non fisiologici per quel singolo corpo
- se il “punto di partenza” è sufficientemente lontano dai limiti del range è possibile che gli stimoli ambientali diano cambiamenti dell’adipe che restino entro i range (linea continua nera)
La genetica ha quindi un ruolo predominante nella predisposizione a adiposità e pesi diversi, che si realizza in modo variabile a seconda dell’ambiente: chiaramente una stessa persona in condizioni di alimentazione, esercizio fisico e ambiente diverse avrà un equilibrio corporeo diverso…MA persone diverse nello stesso ambiente e nelle stesse condizioni non avranno comunque lo stesso equilibrio corporeo (per la diversa genetica…o per la diversa storia del peso/dietetica o in presenza di patologie).
Sappiamo che i semplici calcoli che guidavano le vecchie linee guida sulla perdita di peso sono imperfetti perché falliscono nel considerare il declino del dispendio energetico che avviene durante la perdita di peso. (10)
Questa è la ragione per cui se molte persone che iniziano a fare movimento regolare o a curare la loro alimentazione dimagriscono,
1) il dimagrimento prima o poi si interrompe anche se si fa movimento regolare (e/o si cura alimentazione) quando ci si avvicina al limite “lower-intervention-point
2) non è vero che tutte le persone (magre o grasse che siano) dimagriscono facendo movimento (e/o curando alimentazione): dipende da”dove sono” rispetto al loro personale range. É a questo proposito fondamentale capire che ogni persona e a diverse età ha (soprattutto per fattori genetici ma anche in base alla storia del peso e dietetica) un range spostato più in alto o in basso di altre (vedi immagine sotto), per cui a parità di adipe e di stimoli (mangiare più o meno, muoversi più o meno) avrà una risposta diversa da altre persone!
Nell’immagine a lato: la persona 2 avrà un mantenimento del peso e dell’adipe su valori più elevati rispetto alla persona 1 e alla persona 3 e avrà quindi una corporatura superiore. La persona 3 avrà la corporatura minore.
3) stimoli ambientali forzati che forzino un consumo energetico maggiore (attività fisica) e/o che forzino una riduzione maggiore dell’intake energetico (dieta restrittiva) portando le persone vicine o al di sotto del proprio range inferiore di peso di benessere:
– indurranno maggiormente una perdita di massa magra -che non di adipe- con cui si riduce il metabolismo basale (9,10),
– andranno incontro ad adattamenti metabolici come la riduzione della termogenesi (9,10) (riduzione del calore disperso durante i processi di produzione di energia: il calore è energia…se viene disperso meno calore, significa che viene dispersa meno energia e c’è più energia nel corpo, ovvero si riduce il dispendio energetico)
– a un persistente adattamento ormonale che porta a registrare un aumento degli stimoli di fame e appetito e preoccupazioni verso il cibo da parte del sistema centrale (4,5,11-14, 14)
Per l’insieme di questi adattamenti, queste persone avranno una spesa energetica inferiore (riduzione metabolismo e termogenesi) e un introito energetico superiore (da aumento fame e appetito) con cui saranno maggiormente propense a recuperare il peso con gli interessi rispetto al “punto di partenza”. È stato stimato che per ogni kg di peso perso al di sotto del proprio “lower intervention Point” (il limite inferiore dell’intervallo di peso naturale), il dispendio energetico si riduce di 20-30 kcal mentre l’aumento dell’appetito porta a un incremento di 100 kcal rispetto a quanto si introduceva all’inizio della perdita di peso (13). Studi prospettivi hanno osservato che i figli di genitori con approcci restrittivi all’alimentazione degli stessi hanno una maggiore probabilità di mangiare in assenza della fame e un BMI maggiore dopo l’infanzia [6-8].
La riduzione adattativa del metabolismo indotta dalla restrizione può essere consistente e persistente (10, 16). Questo aspetto è evidente ad esempio nelle molte persone che hanno fatto ripetute restrizioni dietetiche e notano come nel tempo sia sempre più difficile perdere peso , aumentino invece gli episodi di sovralimentazione e l’asticella del peso-adipe si sposti sempre un po’ più in alto (anche ad esempio in discipline sportive che praticano taglio del peso, come gli sport da combattimento, o il body-building).
Insomma, anche quando consumi più energia facendo movimento, il tuo corpo ha un concomitante variabile aumento compensatorio degli stimoli biologici (fame, appetito, desiderio alimentare) per aumentare più o meno le calorie (energia) alimentari introdotte e ristabilire parzialmente o interamente il bilancio energetico a seconda di “dove ti trovi” rispetto all’interno del tuo range: se sei già vicinə al limite superiore, avrai meno aumento della fame e meno compensazione.
Se sei vicinə al limite inferiore, avrai più fame e compensazione.
Questo meccanismo compensatorio è dato sia da una componente biologica effettiva (il sistema omeostatico), sia unapossibile componente psicologica: molte persone quando fanno movimento pensano a priori di “potersi permettere” di mangiare più cibo rispetto a quando non fanno movimento, o usano l’attività fisica per “compensare” l’aver mangiato più del solito, perché questo è quanto la cultura della dieta insegna.
IL DIMAGRIMENTO -se avviene ed è mantenuto nel tempo- NON DIPENDE DALLE “CALORIE BRUCIATE”
Altro aspetto importante: l’attività fisica non fa dimagrire “perché fa bruciare calorie e adipe”o “perché rende il bilancio energetico negativo”. Sotto attività fisica infatti il corpo utilizza prevalentemente carboidrati e proteine per produrre energia; allo stesso modo quando si è sotto restrizione alimentare il corpo deriverà l’energia non fornita prevalentemente dalle riserve corporee di carboidrati e -quando esse sono esaurite- da proteine muscolari: il grasso è insomma un combustibile poco “pratico” da mobilitare e difeso dal sistema di controllo sopra descritto che viene utilizzato solo come ultima “riserva”. Inoltre, l’energia consumata dall’attività fisica -come spiegato prima- o quella risparmiata con la restrizione dietetica è quasi del tutto sempre compensata dal cibo introdotto in risposta agli stimoli biologici adattativi.
Se accade di dimagrire con l’attività fisica o cambiamenti alimentari è invece soprattutto probabilmente per la serie di adattamenti ormonali (migliore sensibilità insulinica e leptinica, maggiore percezione dei segnali di fame-sazietà, maggiore capacità ossidativa dei grassi, riduzione del cortisolo, riduzione dell’infiammazione) e metabolici-strutturali (aumento della massa muscolare e dei processi metabolici di consumo di energia, maggiore vascolarizzazione e scambio di metaboliti, migliore regolarità intestinale) che avvengono lentamente, gradualmente, a lungo termine quando si fa movimento regolare e graduale e si mantengono generali buone abitudini alimentari che rispondano ai bisogni nutrizionali.
Ma non è comunque detto che sicuramente ciò accada o sia mantenuto stabilmente, perché questi cambiamenti si intersecheranno con la biologia della singola persona.
Citando un interessante articolo, se esistesse una dieta che porti a una sostanziale aderenza a lungo termine nella maggior parte dei pazienti -perché risponde efficacemente ai cambiamenti di appetito, perché determina un adattamento metabolico favorevole, o perché è semplicemente più facile da mantenere- tale effetto risulterebbe in una sostanziale e significativa perdita di peso. Questo risultato non è ancora stato osservato nonostante ripetuti sforzi usando un’ampia varietà di diete diverse. (17)
BIBLIOGRAFIA
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2)Myers A, Dalton M, Gibbons C, Finlayson G, Blundell J. Structured, aerobic exercise reduces fat mass and is partially compensated through energy intake but not energy expenditure in women. Physiol Behav. 2019 Feb 1;199:56-65. doi: 10.1016/j.physbeh.2018.11.005. Epub 2018 Nov 7. PMID: 30414399.
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6) J. O. Fisher and L. L. Birch, “Eating in the absence of hunger and overweight in girls from 5 to 7 y of age,” The American Journal of Clinical Nutrition, vol. 76, no. 1, pp. 226–231, 2002.
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10) Rosenbaum M, Hirsch J, Gallagher DA, Leibel RL. Long-term persistence of adaptive thermogenesis in subjects who have maintained a reduced body weight. Am J Clin Nutr. 2008;88(4):906–912.
11)Greenway FL. Physiological adaptations to weight loss and factors favouring weight regain. Int J Obes (Lond) 2015;39(8):1188–1196
12)Ochner CN, Tsai AG, Kushner RF, Wadden TA. Treating obesity seriously: when recommendations for lifestyle change confront biological adaptations. Lancet Diabetes Endocrinol. 2015;3(4):232–234.
13)Polidori D, Sanghvi A, Seeley RJ, Hall KD. How Strongly Does Appetite Counter Weight Loss? Quantification of the Feedback Control of Human Energy Intake. Obesity (Silver Spring) 2016;24(11):2289–2295
14)P. Sumithran, L. A. Prendergast, E. Delbridge et al., “Long-term persistence of hormonal adaptations to weight loss,” The New England Journal of Medicine, vol. 365, no. 17, pp. 1597–1604, 2011.
15) Ochner CN, Barrios DM, Lee CD, Pi-Sunyer FX. Biological mechanisms that promote weight regain following weight loss in obese humans.
16) Fothergill E, Guo J, Howard L, et al. Persistent metabolic adaptation 6 years after “The Biggest Loser” competition. Obesity (Silver Spring) 2016; published online May 2. DOI:10.1002/oby.21538.
17) Freedhoff Y, Hall KD. Weight loss diet studies: we need help not hype. Lancet. 2016 Aug 27;388(10047):849-51. doi: 10.1016/S0140-6736(16)31338-1. Epub 2016 Aug 25. PMID: 27597452.
K. Silventoinen, B. Rokholm, J. Kaprio, and T. I. A. Sørensen, “The genetic and environmental influences on childhood obesity: a systematic review of twin and adoption studies,” International Journal of Obesity, vol. 34, no. 1, pp. 29–40, 2010.
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